Lo spread denota il differenziale tra il tasso di rendimento di un’obbligazione e quello di un altro titolo preso a riferimento (titolo benchmark), con rischio praticamente nullo; se un Buono del Tesoro Pluriennale italiano (BTP) e il corrispettivo Bund (titoli obbligazionari decennali tedeschi, utilizzati come benchmark per confrontare i rendimenti di titoli di Stato di altri Paesi europei) con la stessa scadenza hanno, rispettivamente, un rendimento dell’8% e del 3%, allora lo spread sarà 8 – 3 = 5 punti percentuali, ovvero 500 punti base.
È importante notare che il rendimento richiesto (e poi offerto) aumenta o diminuisce in funzione del grado di fiducia degli investitori/creditori: il mercato stabilisce quindi un premio per il rischio, da richiedere a chi emette titoli di debito, per accettare quel determinato investimento.
Di conseguenza, lo spread misura:
- l’affidabilità dell’emittente/debitore (ad esempio, lo Stato) di restituire il credito e quindi il rischio di insolvenza: maggiore è lo spread, minore è tale affidabilità e maggiore è il rischio di insolvenza
- il rischio finanziario associato all’investimento nei titoli, cioè al recupero del credito da parte del creditore. Rischio e rendimento sono infatti strettamente legati da una relazione di proporzionalità: quanto maggiore è lo spread, tanto maggiore è il rischio connesso all’acquisto dei titoli
- la fiducia degli investitori nell’acquisto di titoli: maggiore è lo spread, minore è tale fiducia
- l’eventuale guadagno finanziario nell’acquisto di titoli rispetto a quelli di riferimento, a meno della possibile insolvenza dell’emittente meno affidabile