Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi

Il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD) è un consorzio di diritto privato, supervisionato dalla Banca d’Italia, cui devono obbligatoriamente aderire tutte le banche italiane aventi come forma societaria la Società per Azioni, e le banche extracomunitarie che non aderiscano a sistemi di garanzia equivalenti. Per le succursali di banche comunitarie operanti in Italia invece l'adesione al Fondo è volontaria. Non vi devono aderire le banche di Credito Cooperativo, che devono però aderire al Fondo di Garanzia dei Depositanti del Credito Cooperativo, che è regolato dalla stessa normativa e svolge funzioni analoghe. 

La finalità del Fondo è di tutelare i risparmi (non gli investimenti) dei clienti di banche che dovessero trovarsi in situazioni di insolvenza. Lo scopo quindi non è di tutelare le banche stesse, che invece sono tenute a fornire le risorse finanziarie necessarie per il perseguimento delle finalità del Fondo; d’altra parte aumentare la tutela dei risparmiatori serve a rassicurarli, ad aumentare la loro fiducia nel sistema bancario, cui possono affidare i propri risparmi, ed in ultima istanza ad agevolare le banche nella loro attività di raccolta.

La normativa di riferimento è stata modificata dal Decreto Legislativo 24 marzo 2011, n.49, che ha recepito la Direttiva 2009/14/CE (ha uniformato le regole a tutela dei risparmiatori nei Paesi membri dell’Unione). Tale normativa ha fissato in 100.000 euro per depositante e per istituto di credito la cifra garantita dal fondo (quindi, in caso si disponga di due conti da 100.000 €, in due banche diverse, la garanzia è totale), e in venti giorni lavorativi il tempo massimo per il rimborso del deposito.

La copertura del FITD riguarda i fondi con obbligo di restituzione: i conti correnti, i depositi a risparmio, i conti deposito, anche quelli vincolati, gli assegni circolari ed i certificati di deposito nominativi (non quelli al portatore). Non vengono invece garantiti dal Fondo gli investimenti, quali i titoli di Stato, le obbligazioni, i pronti contro termine o le azioni.

Il contributo richiesto alle banche è di tipo ex-post: ovvero le banche consorziate devono mettere mano al portafogli solo in caso di dissesto di una banca. L’articolo 21 dello Statuto del Fondo spiega inoltre che le banche aderenti in caso di intervento possono essere chiamate a tirare fuori fra lo 0,4 e lo 0,8% dei fondi rimborsabili di tutte le consorziate. Nonostante qualche analista abbia ipotizzato che questa cifra potrebbe non essere sufficiente in caso di insolvenza di banche di grandi dimensioni, crediamo che il sistema bancario italiano, anche grazie al Fondo, offra ampie garanzie ai risparmiatori. In primo luogo le banche italiane sono per propria natura molto prudenti, e questo è il motivo per cui, anche nel pieno della crisi finanziaria, solamente una banca di piccole dimensioni come Banca Network è finita in stato di insolvenza (ed in questo caso il FITD ha funzionato perfettamente).

Inoltre, nell’improbabile caso in cui il Fondo dovesse intervenire, e fosse incapiente, ci sono ottime ragioni per credere che interverrebbero a tutela dei risparmiatori direttamente organismi nazionali o sovranazionali, come già successo nel recente passato: lo Stato Inglese è intervenuto a sostegno di Northern Rock e quello Olandese a sostegno di ING, mentre è intervenuta addirittura l’Unione Europea a sostegno del sistema creditizio spagnolo. A supporto di questa tesi vale poi la pena ricordare che, nel pieno della crisi finanziaria, per tranquillizzare i risparmiatori italiani, il Ministero dell'Economia e delle Finanze si era impegnato esplicitamente, con il decreto legge 157 del 13 ottobre 2008 (misure urgenti per garantire la stabilità del sistema creditizio), a garantire i risparmiatori nell'eventualità di insolvenza di una banca, e che successivamente è intervenuto a supporto del Monte dei Paschi di Siena attraverso i Tremonti ed i Monti Bond.

Ultimo aggiornamento 10/07/2012

Termini correlati